Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei sostengono la diversità e la sostenibilità. I musei operano e comunicano in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo diverse esperienze per l’educazione, il piacere, la riflessione e lo scambio di conoscenze”.
Con queste parole importanti si stabiliscono le competenze del museo contemporaneo.
Una nuova definizione di Museo che arriva dopo tre lunghi anni di proposte e dibattiti.
Il significato delle parole può generare malintesi e scontri, così come è capitato con questa nuova definizione che sostituisce tra gli applausi generali quella del 2007 che recitava esattamente così:
“Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto”.
Insomma mi pare che alla fine abbia prevalso un atteggiamento pavido perché a parte qualche marginale modifica, la sostanza resta immutata e si perde l’occasione per immaginare un ruolo più innovativo e visionario per i musei, per definire nuovi spazi d’azione tra le istituzioni culturali del nostro tempo.
Se questi sono i termini che oggi “definiscono” l’identità del museo contemporaneo, siamo dentro una cornice di funzioni e di valori ampiamente condivisibile che già molti musei agiscono nella pratica con consapevolezza.
Per il futuro io vedo però un’orizzonte di possibilità molto più ampio e mi auguro che vi siano musei coraggiosi, pronti a superare i limiti di competenze di questa definizione per interpretare nuovi ruoli per la società.
Sopratutto capaci di incidere maggiormente in senso sociale per la crescita culturale e il benessere diffuso.
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