sono per tutti
ma solo
una élite
lo sa"
Condivido le parole dell’artista-educatrice Johanna Palmeyro che con la sua azione/manifesto del #movimientojusticiamuseal prova a scardinare i modelli dominanti, gerarchici e discriminatori, per ripensare in senso democratico il museo contemporaneo.
In questo tempo di pandemia il cambiamento sociale in atto ci offre una nuova straordinaria opportunità.
Se come professionisti dei musei assumiamo una posizione critica e costruttiva, questo momento storico è probabilmente ideale per ripensare il paradigma del ruolo del museo per la società, il tempo più opportuno per mettere in discussione i modelli di gestione e le conseguenti disparità, per rimediare allo scarso aggiornamento professionale e alle condizioni di precariato di alcuni ruoli professionali.
È ora di di fare spazio a nuove relazioni per il museo contemporaneo, di rimettere al centro le persone, il pubblico. Cambiare i musei da luoghi statici di studio e conservazione a istituzione educative informali che accolgono e fanno crescere una comunità di persone sensibili, che si prende cura della memoria, vive pienamente il presente e progetta con fiducia e coraggio il futuro.
È necessario fare lo sforzo di “desacralizzare” il contesto museo e l'oggetto museale, che invece va usato come pretesto, come occasione per costruire relazioni e scambi con le persone che vivono l’esperienza di visita.
I protagonisti nel museo non sono le collezioni ma le persone che lo abitano, considerare le persone “al centro” significa dirigere l’attenzione e gli sforzi verso le esigenze di ogni persona, ciascuna unica, con le proprie aspettative, le proprie esperienze e i propri interessi, per renderla protagonista di qualsiasi discorso museale, dagli allestimenti alla comunicazione.