Giornata di approfondimento promossa dal Dipartimento Didattica del Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno
- Ore 9.30 inizio lavori e saluti della Direttrice Museo Gypsotheca Antonio Canova
- Ore 10.00 Primo Intervento, Marco Peri
Ore 10.45 Secondo Intervento, Marco Dallari
- Ore 11.30 Confronto tra i primi due relatori e risposta alle domande del pubblico (moderatrice dell’incontro, Dott.ssa Irene Longo)
- Ore 12.00 Pausa
0re 12.30 Introduzione al Museo Gypsotheca Antonio Canova con virtual tour
- Ore 13.30 Inizio seconda sessione e primo intervento Roberto Pittarello
- Ore 14.15 Secondo intervento, Mauro Speraggi
- Ore 15.00 Confronto e risposta alle domande
- Ore 15.30 fine dei lavori (moderatrice dell’incontro, Dott.ssa Irene Longo)
https://www.museocanova.it/events/latelier-museo-convegno-online/
Intervento di MARCO PERI, Nuovi occhi
nuovi occhi il titolo del mio libro nel quale ho raccolto alcune riflessioni intorno all’educazione nel museo contemporaneo, il titolo vuole essere un invito a considerare i musei modo diverso, a cambiare sguardo nell’approccio all’esperienza di conoscenza nel museo.
Reimmaginare l’educazione significa assumere il ruolo e la responsabilità di considerare il museo contemporaneo un contesto educativo ricchissimo dove sperimentare nuovi modi di apprendere e fare esperienza.
In questo intervento vorrei condividere il punto di vista che nasce dalla mia esperienza sul campo come storico dell’arte ed educatore museale indipendente che ha la libertà di collaborare con molte realtà, piccole e grandi, di progettare attività e percorsi per tutti i tipi di pubblico in vari contesti e soprattutto di lavorare nella formazione degli operatori didattici e degli insegnanti.
Un terreno di confronto che mi permette di maturare una prospettiva di ricerca ampia e trasversale sui temi dell’arte, dell’educazione, del museo, della scuola.
Inizio il mio discorso mostrando un’opera dell’artista di origine tedesca ma uruguaiano Luis Camnitzer, un’installazione che si intitola “il museo è una scuola“
L'opera è nata quasi per uno scherzo, perché l’artista, educatore, curatore, mentre stava progettando una nuova mostra in un museo, aveva pensato di corredare il progetto espositivo da una serie di iniziative didattiche che potessero supportare il pubblico per dialogare meglio con i contenuti espositivi.
Il direttore del museo censurò la sua proposta dicendo: “questo è un museo non è una scuola”.
Ecco che allora, così per gioco l’artista inviò un immagine della facciata del museo ritoccata con Photoshop dove scrisse “il museo è una scuola”.
Una sorta di provocazione o una forma di protesta simbolica. Questa suggestione si è convertita poi in un’opera che è stata accolta in diversi musei del mondo.
Qui la vediamo esposta in alcune facciate di musei, da una quindicina di anni l’opera viene accolta in diversi musei del mondo, dal Guggenheim di New York che ha realizzato una cartolina fino al Messico, Argentina, Spagna.
“Il Museo è una scuola: l'artista impara a comunicare, il pubblico impara a fare collegamenti”
Ma non solo, perché il fatto di collocare la frase “il museo è una scuola“ all’ingresso della porta principale corrisponde a un impegno preciso del museo stesso per mettere al centro delle proprie azioni la missione educativa, considerare i temi educativi con una nuova importanza.
Il museo è una scuola?
L’opera è interessante nel nostro discorso perché riporta l’attenzione sull’importanza dell’educazione nelle istituzioni culturali, e certamente ci convince l’idea di considerare il museo una “scuola”, eppure con una riflessione più attenta devo concludere che, il museo non è una scuola.
E vorrei segnalare le notevoli differenze che separano questi due luoghi.
Innanzitutto nella forma e negli obiettivi. La scuola si organizza per classi che pedagogicamente crescono insieme per arrivare a degli obiettivi comuni. Nel museo invece possiamo interagire con pubblici di età diverse e avere degli obiettivi in qualche misura molto più ampi di quelli prerogativa del mondo della scuola.
Al museo non ci sono programmi disciplinari precostituiti da rispettare e neppure ci sono giudizi.
Nello spazio del museo possiamo integrare il corpo e le sue possibilità conoscitive. Nel museo c’è una libertà espressiva e di movimento che a volte nella scuola è preclusa. Immagino i bambini incastrati in scomodi banchi dalla prima elementare a mantenere un innaturale silenzio.
Il museo è capace di integrare apprendimento e gioco, educazione estetica e libertà espressiva.
Anche la scuola potrebbe.
Alleanza educativa
Musei e scuole possono mettere in campo un’alleanza educativa, stabilire una vantaggiosa complicità. Nelle differenze dei ruoli e degli strumenti condividono infatti un importantissimo obiettivo comune: la crescita culturale ed emotiva, esperienziale dei più giovani.
Scuola e Museo devono poter agire in sinergia.
In questo senso è responsabilità del museo e soprattutto di servizi educativi del museo, sperimentare con attitudine coraggiosa nuovi modi di apprendere e fare esperienza, impostare nuovi approcci metodologici per rinnovare l’educazione al nostro tempo, al sentire e alle esperienze delle bambine e dei bambini, degli adolescenti e dei giovani che si approcciano al futuro.
Il museo può fare scuola
Fare scuola significa elaborare una nuova pedagogia, dirompente e critica che sia di stimolo alla scuola e all’educazione formale per ampliare i propri orizzonti metodologici, per cambiare paradigma dai modelli educativi gerarchici e verticali verso nuove modalità più coinvolgenti e circolari.
Per far questo il museo ha il dovere di costruire delle proposte specifiche per l’aggiornamento e la formazione degli insegnanti. Quando parliamo di scuola pensiamo immediatamente ai bambini che già ricevono il maggior numero di attenzioni da parte dei musei e dell’attività didattiche. In realtà l’idea di scuola dovrebbe abbracciare tutti i cicli scolastici e idealmente i giovani studenti di tutte le età, dai più piccoli fino agli adolescenti (spesso trascurati) e ai giovani studenti universitari.
Ma scuola e anche la comunità di docenti che quotidianamente interagisce nelle aule scolastiche. A loro il museo dovrebbe rivolger e delle attività specifiche. Formare gli insegnanti, educare la comunità educativa, significa preparare il terreno affinché gli insegnanti sappiano agganciare ed estendere le possibilità educative del museo ai programmi scolastici, sappiano preparare un pubblico di studenti più curiosi e interessati all’esperienza al museo. Significa costruire quella necessaria sinergia tra musei e scuole.
Infine per chiudere questo discorso il museo deve accogliere la sfida educativa per il prossimo futuro.
In questo tempo di assedio delle immagini e di relazioni mediate dalla tecnologia surrogate da tanti schermi, diventa indispensabile alzare lo sguardo, guardare davanti a noi alla realtà complessa che ci accoglie, lasciare smartphone, computer e televisioni per recuperare la globalità di sensazioni concrete che nello spazio del museo si possono vivere.
Non dimentichiamo che ogni museo è la casa delle opere originali, dove si può praticare un rapporto vivo e diretto con le opere.
In un’epoca di consumismo visivo, sembra paradossale ma la principale missione è insegnare a vedere, praticare educazione estetica intesa come aistesis, esercizi di percezione che possano connettere la sfera cognitiva con quella emotiva immaginativa intuitiva e sensibile. Riportare al centro l’idea di bellezza, come il piacere di imparare e di scoprire.
Spostare il focus dalle qualità dell'artefatto ai processi cognitivi, immaginativi, emotivi ed esperienziali che dalle opere possono generarsi.
I musei riapriranno, riapriranno sempre, teniamoci pronti.
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