Arte + Educazione
Museologia, PROGETTI EDUCATIVI, CONFERENZe, WORKSHOP
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I musei cambieranno? Non tanto nella struttura, già adatta a garantire ingressi controllati e distanze tra le persone, quanto nei nuovi modi di vivere l’esperienza.
Una persona in grado di rispondere a questa domanda è Marco Peri, educatore museale, storico dell’arte e ricercatore, autore del libro “*nuovi occhi* Reimmaginare l’educazione al museo”. Marco Peri, è o sarà in atto una trasformazione? I processi di trasformazione sono sempre in atto, non c’è dubbio che gli eventi recenti costituiscano un potente acceleratore. Questa situazione scuote dalle basi il nostro sistema, la nostra “normalità” di vivere insieme, di fare, di sognare. Oggi i presupposti del cambiamento restano incerti e sembra difficile prevedere quale sarà il risultato. Questa situazione ci offre però un nuovo spazio di opportunità. Ogni trasformazione socioculturale comporta la responsabilità delle persone, dunque il risultato dipenderà da noi. Se i musei contemporanei vogliono essere protagonisti del cambiamento, individuale e sociale, dovranno estendere i loro orizzonti di ricerca dall’ambito strettamente conservativo ed espositivo verso l’ambito educativo, per conoscere ed accogliere un pubblico più numeroso ed eterogeneo a cui offrire strumenti di conoscenza per attraversare la complessità. Nel libro le sale dei musei sono descritte come spazi di libertà che consentono collegamenti fra opere, idee, emozioni. Ma per realizzare tutto questo qual è il ruolo delle guide? Predomina l’idea che l’esperienza dell’arte implichi uno sforzo razionale di conoscenza che necessita del supporto esperto di una guida. In realtà considerare il museo uno spazio di libertà, significa l’opposto, cioè che ciascuna persona può rispecchiarsi nell’arte come desidera. L’esperienza dell’arte può essere vissuta in tanti modi diversi, tutti validi: un’occasione per riflettere intorno al pensiero e l’opera degli artisti, oppure un’opportunità per coinvolgere le emozioni e l’immaginazione, o ancora, uno spazio di scoperta introspettiva. Visitare un museo dovrebbe essere l’occasione per trovare risposte a domande come queste: In che modo le storie dell’arte possono intrecciarsi con la vita di ciascuno di noi? Come l’esperienza dell’arte può aiutarmi a comprendere meglio il mio modo di essere, il mio vissuto, i miei desideri? Una guida attenta, sensibile ed empatica, può coinvolgere le persone in questo percorso, sollecitando il senso di meraviglia e invitando ad osservare non solo l’arte, ma il mondo con occhi nuovi e curiosi. In che senso lo scopo principale di ogni attività del museo dovrebbe essere la valorizzazione delle possibilità d’incontro con tutti i tipi di pubblico? Considero il museo contemporaneo un formidabile spazio di relazione, un luogo in cui possiamo incontrare il passato, ma anche vivere il presente ed immaginare il futuro. Un museo dovrebbe interpretare il ruolo di ‘spazio sociale’, accogliente e inclusivo, in cui ciascuna persona, con la propria sensibilità ed esperienza, può trovare stimoli per comprendere e interpretare al meglio il proprio tempo. Un museo è davvero uno spazio inclusivo quando è capace di eliminare le barriere, fisiche, sociali e culturali, offendo a tutti le migliori condizioni per vivere l’esperienza dell’arte. Tra le istituzioni culturali, il museo contemporaneo è il luogo ideale per consolidare il rapporto tra cultura e società, generando uno scambio significativo tra cultura e persone. Un incontro che talvolta può essere trasformativo. Tomaso Montanari avanza una proposta di grande sensibilità per creare un’alleanza più solida tra scuola e museo nel prossimo futuro. https://emergenzacultura.org/2020/05/06/caravaggio-per-compagno-di-banco/ Sono convinto che scuole e musei condividano un importante obiettivo comune: la crescita culturale delle nuove generazioni. È possibile che il museo contemporaneo eserciti con maggiore consapevolezza il proprio ruolo educativo e accompagni la scuola per incontrare la realtà, attraverso l’arte? Care colleghe e colleghi, la situazione incerta che stiamo vivendo apre nuovi spazi di opportunità per l’educazione museale. Dobbiamo agire, dobbiamo fare la nostra parte, dobbiamo essere protagonisti del cambiamento. Considero il museo contemporaneo un formidabile spazio di relazione, un luogo in cui possiamo incontrare il passato, ma anche vivere il presente ed immaginare il futuro.
Un museo dovrebbe interpretare il ruolo di ‘spazio sociale’, accogliente e inclusivo, in cui ciascuna persona, con la propria sensibilità ed esperienza, può trovare stimoli per comprendere e interpretare al meglio il proprio tempo. Un museo è davvero uno spazio inclusivo quando è capace di eliminare le barriere, fisiche, sociali e culturali, offendo a tutti le migliori condizioni per vivere l’esperienza dell’arte. Tra le istituzioni culturali, il museo contemporaneo è il luogo ideale per consolidare il rapporto tra cultura e società, generando uno scambio significativo tra cultura e persone. Un incontro che talvolta può essere trasformativo. Dal 18 maggio 2020, finalmente, i musei torneranno ad essere luoghi da abitare e non più solo schermi per visite virtuali o altre attività surrogate. Questa situazione ci offre un nuovo spazio di opportunità. Se i musei contemporanei vogliono essere protagonisti del cambiamento, individuale e sociale, dovranno estendere i loro orizzonti di ricerca dall’ambito strettamente conservativo ed espositivo verso l’ambito educativo, per conoscere ed accogliere un pubblico più numeroso ed eterogeneo a cui offrire strumenti di conoscenza per attraversare la complessità. Ogni trasformazione socioculturale comporta la responsabilità delle persone, dunque il risultato dipenderà da noi professionisti impegnati nella cultura. La cultura è educazione?
E qual è il patrimonio di un museo? Io sono convinto che il vero patrimonio del Museo contemporaneo siano le persone che abitano i suoi spazi di relazione, insieme a tutti coloro che ci lavorano per costruire esperienze di conoscenza. In Italia il personale educativo del museo è sempre ai margini dell’organigramma, talvolta esterno al museo stesso perché assunto da cooperative o imprese che gestiscono i cosiddetti “servizi aggiuntivi”. Si tratta però di professionist* che mantengono vivo il rapporto con il pubblico, che si espongono in prima persona per rispondere ai bisogni di conoscenza di tutte le persone. La condizione di precariato in cui educatori e educatrici museali sono costretti ad agire comporta naturalmente di non aver voce o visibilità durante questa crisi di sistema dovuta a Covid19. Intanto è notizia recente il licenziamento di tutto il personale educativo del MoMA La funzione educativa è considerata residuale rispetto alla ‘più importante’ funzione conservativa e espositiva. Dobbiamo ripensare completamente il modello di gestione perché l’educazione si trasformi nella funzione più importante dei musei. Perché la cultura è educazione! Articolo pubblicato su Spaziomusica Project
vai all'articolo originale: http://www.spaziomusicaproject.com/nuovi-occhi-reimmaginare-leducazione-al-museo/ “Pushing the Boundaries significa superare i confini, ridisegnare gli orizzonti, idealmente significa rompere gli schemi per fare spazio a nuove possibilità.” Titolo preso in prestito da un progetto di formazione per guide e mediatori, su una mostra di Daniel Hirst del 2017 ospitata a Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia, diviene nel testo di Marco Peri, non solo un Manisfesto chiaro e forte nei suoi intenti, ma un pretesto per coltivare un’attitudine visionaria nel tentativo di ridefinire i confini delle possibilità educative realizzabili all’interno di un museo. Nonostante il focus dell’analisi svolta nel testo riguardi il museo contemporaneo, le riflessioni sui vari processi didattici messi in campo, risultano facilmente traslabili nei differenti mondi dove l’educazione si esplica e trova la sua casa. E’ chiara l’immagine dell’eterna danza tra il cosa trasmettere ed il come farlo. Una danza tribale che ciclicamente porrà il COSA come priorità massima a prescindere dal come verrà porto, per poi rivalutare e difendere ad ogni costo, l’importanza del COME valutando gli strumenti che verranno messi in campo, migliorando la qualità dell’incontro, nutrendo la relazione che nascerà tra chi trasmette e chi riceve, capace di attivare risorse interpersonali ed amplificare le potenzialità di ognuno. Link all'intervista sul sito: http://www.balloonproject.it/marcoperi/ Marco Peri, è uno storico dell’arte, esperto in educazione museale e docente. Al centro dei suoi interessi c’è la ricerca dei rapporti tra arte e educazione, aggiornando costantemente la sua ricerca in una prospettiva internazionale, cercando di immaginare e progettare nuovi modi di vivere l’esperienza del museo. Conduce, in vari contesti istituzionali, corsi di formazione e aggiornamento dedicati a operatori e insegnanti. Come consulente, ha progettato attività educative e proposte per il pubblico in diversi musei Italiani ed internazionali, tra cui il Mart di Rovereto, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la National Gallery di Londra, Palazzo Grassi di Venezia, Museo Nazionale Romano, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Mart di Rovereto, Centro Pecci di Prato, Collezione Peggy Guggenheim, ed altri. Nel 2018 il suo lavoro di educatore museale, ricercatore e formatore è stato premiato con il Marsh Award for Excellence in Gallery Education da parte di Engage (English National Association for Gallery Education). Attualmente è docente nel Master Museum Experience Design e nel corso di Media Design presso l’Istituto Europeo di Design.
Chi è Marco Peri? Ci parli brevemente di lei. Sono storico dell’arte ed Educatore museale. Il mio lavoro si muove principalmente in due direzioni, la prima è essenzialmente pratica: progetto e conduco nei musei attività̀ educative per avvicinare e coinvolgere un pubblico sempre più̀ ampio, tra i miei progetti figurano esperienze museali partecipative, percorsi sensoriali e workshop performativi. La libertà di collaborare come free-lance mi da l’opportunità̀ di interagire con diverse realtà̀, dai piccoli musei a grandi istituzioni. Inoltre, sono un docente e conduco corsi di formazione per l’educazione museale in cui mi confronto con moltissimi educatori e educatrici. La seconda dimensione del mio lavoro è di ricerca, infatti interpreto il mio lavoro come un progetto di ricerca-azione e mi impegno per mantenere un costante aggiornamento teorico sui programmi educativi dei musei, studiando le migliori pratiche e i progetti innovativi in prospettiva internazionale. Nel mio sito ho raccolto maggiori informazioni sui miei progetti: www.marcoperi.it. Quando matura il suo interesse per la didattica museale? Durante gli anni universitari mentre visitavo le mostre avevo sempre molti interrogativi che durante l’esperienza di visita individuale spesso non riuscivano a trovare risposte. Ho cominciato dunque a interessarmi alla didattica museale per la mia tesi di laurea nel 2004, indagando quali strumenti e azioni erano disponibili nei musei d’arte contemporanea per supportare l’esperienza di conoscenza del pubblico. Considero il museo uno dei contesti educativi più̀ promettenti, il luogo ideale per mettere alla prova modalità̀ innovative per apprendere e fare esperienza. Il museo contemporaneo inteso come contesto educativo informale rappresenta uno spazio di libertà pieno di potenzialità̀ che permette di interagire con gruppi eterogenei di persone e riflettere su moltissime questioni del nostro tempo. Chi opera nel campo dell’educazione museale, secondo lei, quali competenze dovrebbe possedere? Le competenze per lavorare nei contesti educativi sono necessariamente trasversali. Mi pare che da qualche tempo ci sia un interesse maggiore per specializzarsi in didattica museale ma probabilmente non sono tanti i percorsi formativi che possono preparare la trasversalità di competenze necessarie per lavorare sul campo. I professionisti che operano nell’educazione museale dovrebbero avere abilità comunicative e relazionali, possedere conoscenze approfondite sui contenuti del museo e capacità pedagogiche per elaborare proposte adeguate a ogni occasione; inoltre è importante saper valutare la qualità̀ dei progetti che si realizzano. Mi sembrano importanti anche alcuni tratti caratteriali come la resilienza, l’empatia e la creatività. Essendo un ambito essenzialmente pratico è fondamentale poter fare esperienza diretta, accompagnare gruppi di persone diverse a fare scoperte, a conoscere, a dialogare con l’arte, solo questa necessaria esperienza può̀ consentire di trovare il personale approccio educativo per condividerlo con il pubblico. Nel suo nuovo libro: *nuovi occhi* reimmaginare l’educazione al museo, menziona l’Esperienza museale partecipativa, pensa che questo modo di operare, possa ri-definire il concetto di didattica museale nel museo del futuro? Partecipazione è una bella parola, forse ultimamente è un po’ abusata e distorta. Per me significa soprattutto non predeterminare gli obiettivi dell’attività̀ a contatto con il pubblico ma lasciarli aperti. Partecipazione dunque come opportunità̀ di offrire ad ogni persona un ruolo attivo per costruire personalmente il senso di ciò̀ che scopre, una partecipazione che conduce alla consapevolezza. C’è vera partecipazione quando il pubblico ha la possibilità̀ di essere davvero protagonista e non spettatore passivo dell’esperienza al museo. La didattica museale innovativa è quella che sa interpretare al meglio il proprio tempo, non replicando le stesse forme e costrizioni dei metodi educativi ‘scolastici’ ma offrendo a ciascuna persona con la propria sensibilità̀, l’occasione di vivere esperienze significative e trasformative, coinvolgendo la riflessione ma anche emozioni, intuizioni, creatività̀ e senso di meraviglia. Cosa si intende per “educazione emozionale” al museo? A contatto con l’arte abbiamo la straordinaria opportunità̀ per utilizzare le risorse emotive al meglio, le emozioni sono un canale straordinario per costruire esperienze di apprendimento coinvolgenti e significative. Le esperienze caratterizzate dal coinvolgimento emotivo hanno la capacità di incidere in maniera più̀ concreta sullo spirito delle persone che le vivono. Allo stesso tempo però è un canale delicato che va maneggiato con cura. Credo sia essenziale per gli operatori che intendono utilizzare l’educazione emozionale conoscere prima di tutto le proprie emozioni, per saperle mettere in gioco mentre si chiede agli altri di fare lo stesso. Si parla di intelligenza emotiva come la capacità di saper riconoscere le proprie emozioni e poterle utilizzare in relazione con gli altri per migliorare la comunicazione e l’empatia, questa è una risorsa indispensabile per educare con l’arte. Cosa deve possedere un buon progetto educativo? La parola chiave è coinvolgere. Credo che è un progetto sia davvero coinvolgente quando le persone possono abitare il museo vivendo esperienze in cui essere pienamente se stessi, mettendo in gioco non solo le proprie conoscenze e la riflessione ma anche favorendo le capacità immaginative e il pensiero creativo. Un’occasione in cui non si apprendono solo nozioni, ma si impara a conoscere qualcosa in più̀ su sé stessi e sul mondo intorno a noi. Molto spesso il concetto “progetto educativo” è sinonimo di impegno e sforzo cognitivo, io sono convinto che è un buon progetto educativo deve saper integrare il “piacere” e il “benessere”, bisogna superare il pregiudizio per cui “imparare” implichi specialmente fatica e sacrificio, si impara meglio quando si sta bene, anche attraverso il gioco e la gioia creativa. Nel 2018 in Canada è stato avviato il primo progetto di arteterapia tra l’Associazione dei Medici francofoni canadesi e il Montreal Museum of Fine Arts,tale esperienza è stata recentemente avviata in Campania da Cur’Arti. Cosa ne pensa? Le forme dell’arte ci offrono uno specchio in cui ognuno può̀ essere riflesso come desidera. Il contributo dei linguaggi dell’arte, dalla musica al teatro, dalla danza alla poesia, fino alle arti visive sono un mezzo straordinario per osservarsi e conoscersi, anche nelle dimensioni più̀ intime e profonde. Io lo sperimento nella pratica in ogni azione che propongo al pubblico dei miei progetti, le neuroscienze confermano questi benefici e sempre più̀ spesso i musei attivano proposte specifiche dedicate a fasce di visitatori più̀ deboli, trasformando le sale del museo in un luogo sicuro per stare bene. Sono assolutamente convinto che praticare l’esperienza dell’arte possa produrre benessere, in tutti sensi. Auspico che in futuro non sia più̀ necessario che siano i medici a “prescrivere” arte, ma le persone diventino più̀ consapevoli dei vantaggi di vivere esperienze a contatto con l’arte. È necessario coltivare questo scambio fin da bambini, magari integrando più̀ esperienze con l’arte nei programmi della scuola, per crescere nuove generazioni più̀ sensibili e generalmente più̀ abituate. Re-immaginare il museo del futuro: quale dei progetti educativi l’ha coinvolta maggiormente? Mi sto impegnando per costruire esperienze di visita coinvolgenti, che permettano alle persone di abitare il museo in modo partecipe e creativo. Di recente, sull’esempio di alcuni progetti sviluppati da importanti musei del mondo ho ideato un progetto ispirato alla Mindfulness dedicato alle scuole, si tratta di una semplice pratica di meditazione che può̀ aiutare le persone a vivere in modo più̀ intenso l’esplorazione dei linguaggi dell’arte, renderli più̀ consapevoli e arricchire complessivamente l’esperienza estetica. Questo progetto fa parte di una ricerca più̀ ampia sull’importanza di estendere le possibilità̀ percettive attraverso momenti in cui sperimentare un’attenzione profonda, come risposta alla superficialità̀ imperante, una ricerca sull’attraversare la complessità̀ in equilibrio tra razionalità̀ e creatività̀. Link all'articolo: https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/didattica/2020/02/libro-intervista-marco-peri/ A distanza di due anni ci ritroviamo per parlare dell’uscita del tuo libro Nuovi occhi. Lo consideri un vero e proprio frutto nato dalle esperienze, dai progetti e dalle tue ricerche in campo educativo? La volontà di scrivere il libro nasce dal desiderio di condividere una serie di riflessioni e dalla necessità di tenere viva la mia ricerca tra arte ed educazione aprendola a una pluralità di voci. Nel testo ho cercato di affermare ciò che per me è importante per creare esperienze coinvolgenti e significative nel museo, tuttavia non è un saggio di metodologie o tecniche da applicare, vuole essere soprattutto uno stimolo per ispirare nuovi progetti e nuove azioni da sperimentare con il pubblico e uno spunto per riflettere criticamente su come rispondere ai bisogni educativi del nostro tempo. Per me rappresenta il tentativo di condividere una ricerca-pratica maturata nella mia esperienza con i visitatori e dall’opportunità di incontrare come docente per la didattica museale la comunità di professionisti che si impegna in campo educativo. Queste esperienze mi hanno permesso di mettere a fuoco un personale approccio che considera gli spazi di relazione del museo uno straordinario contesto in cui mettere alla prova nuove visioni educative per offrire alle persone occasioni di crescita, personale e culturale. Del volume mi ha colpito l’essere ricco di domande, di interrogativi che immagino tu voglia condividere con la comunità di colleghi, docenti, nonché futuri educatori. Che temperatura pensi abbia attualmente tale dibattito? Ci sono luoghi adatti, o meglio, c’è la reale volontà di discuterne all’interno delle istituzioni? Il mio auspicio è che questi pensieri possano supportare chi si impegna quotidianamente con il pubblico a far nascere nuove idee, a sviluppare nuovi progetti, a costruire una comunità di educatrici ed educatori museali sensibili e consapevoli del proprio ruolo. Mi pare di riconoscere nel panorama italiano moltissime realtà museali e professionisti che lavorano con ottimi risultati. Se possiamo notare che esiste un cambio di attenzione verso la didattica museale, non siamo ancora di fronte a una vera e propria svolta. Purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi i servizi educativi dei musei continuano a vivere nell’ombra, e così i professionisti che si impegnano in quest’avventura pedagogica soffrono costantemente problemi di precarietà o scarso riconoscimento professionale. Tanto nei grandi musei quanto nei piccoli, la ‘didattica’ continua a essere un’attività marginale, o addirittura residuale che spesso risulta avulsa dalle altre funzioni del museo. È necessario un cambio di paradigma per rivendicare all’attività educativa un ruolo strategico di centralità, riconoscerne la capacità di costruire incontri e scambi proficui per far crescere il pubblico sia in senso quantitativo che in senso culturale, che è l’essenza stessa della missione dei musei. Per me è molto importante considerare l’ambito dell’educazione museale come un campo di ricerca che ha bisogno dell’interazione di tante sensibilità e di tante competenze. Spiegati meglio. Il cosiddetto ‘Dipartimento Educativo’ del museo dovrebbe agire come un ‘centro di ricerca per l’educazione’, che si interroga, con una pluralità di voci, su quale ruolo e quali strumenti l’educazione museale può interpretare per rispondere agli interrogativi del contesto socioculturale contemporaneo. Nel libro segnalo quanto sia importante fare rete, contaminare le pratiche, dare voce ai protagonisti, valutare in senso qualitativo le azioni didattiche per rendere sempre più visibile il ruolo educativo. Dipende da noi, da tutti i professionisti che operano con esperienza, saper andare oltre le consuetudini, impegnarci per realizzare attività educative innovative e restituire centralità al nostro ruolo. Con il titolo “nuovi occhi” immagino tu voglia metaforicamente invitare ad applicare differenti metodologie e punti di vista rispetto all’educare al museo. Ma ti interessano anche gli approcci multi-sensoriali, corporei, extra-visivi? Li hai mai sperimentati? Il titolo allude proprio alla volontà di offrire uno sguardo nuovo verso la didattica museale, è un invito ad adottare un cambio di prospettiva per ripensare l’educazione con l’arte. Re-immaginare l’educazione al museo significa per me provare a considerare gli spazi di relazione del museo contemporaneo come il luogo ideale per sperimentare nuovi approcci comunicativi per aiutare le persone a leggere e interpretare il proprio tempo. Non solo stimolare le persone a essere più disinvolte nel rapporto con l’arte, ma favorire un approccio alla complessità, sollecitare capacità di riflessione, emozione, intuizione, creatività, senso di meraviglia e crescita personale. Metaforicamente i *nuovi occhi* sono anche tutti gli strumenti che possono supportare il pubblico per una migliore accessibilità dei contenuti culturali che i musei espongono. È naturale che in questa ricerca il museo si debba aprire all’interazione tra diversi campi del sapere, esplorando con attitudine sperimentale approcci adeguati per ogni contesto e ogni pubblico. Personalmente sono interessato alla sperimentazione, sempre pronto ad accogliere nel mio metodo nuovi approcci per accrescere l’esperienza del pubblico. Nella mia pratica cerco di partire dall’autenticità delle relazioni umane, dall’incontro vivo e diretto tra le opere e il pubblico per aprire spazi di scambio intensi e trasformativi. La difficoltà del percorso formativo in questo ambito, a livello universitario, rende ancor più difficile, confusa e priva di orientamento la costruzione della figura degli educatori nei nostri musei? Che consigli ti senti di dare? Le competenze per lavorare nei contesti educativi sono necessariamente trasversali. Mi pare che da qualche tempo ci sia un interesse sempre maggiore per specializzarsi in didattica museale ma probabilmente non sono tanti i percorsi formativi che possono preparare la trasversalità di competenze necessarie per lavorare sul campo. I professionisti che operano nell’educazione museale dovrebbero possedere spiccate abilità comunicative e relazionali, avere conoscenze approfondite sui contenuti del museo e capacità pedagogiche per elaborare proposte adeguate per ogni occasione, inoltre è importante saper fare ricerca e valutare la qualità dei progetti che si realizzano. Mi sembrano determinanti anche alcuni tratti caratteriali come la resilienza, l’empatia e la creatività. Essendo un ambito essenzialmente pratico, è fondamentale poter fare esperienza diretta, accompagnare gruppi di persone diverse a fare scoperte, a conoscere, a dialogare con l’arte, solo questa necessaria esperienza può consentire di trovare il personale approccio educativo per condividerlo con il pubblico. Infine quali sono le caratteristiche del “contesto educativo” museo che lo differenziano da tutti gli altri e ti hanno portato a sceglierlo, nonostante tutto? Gli orizzonti che si possono esplorare educando con l’arte sono molto estesi e per queste ragioni le educatrici e gli educatori museali devono essere coscienti del ruolo trasformativo che possono avere per la vita delle persone che incontrano. Interpreto il ruolo del museo nella società contemporanea come spazio totale, uno spazio pubblico dove prende forma la relazione tra cultura e persone. Considero il vero patrimonio del museo non solo le opere in mostra ma specialmente le persone, cioè tutti coloro che ci lavorano e soprattutto gli artisti e il pubblico. Per questo motivo il mio impegno è quello di rendere le persone protagoniste attraverso esperienze di visita coinvolgenti, che permettano di abitare il museo in modo partecipe e creativo, costruendo occasioni in cui l’esperienza di visita si intreccia con la loro vita. Il carattere innovativo e sperimentale delle attività che si possono proporre nel museo può contribuire a dare nuova energia anche al sistema educativo scolastico, offrendo ai giovani visitatori così come ai docenti nuove opportunità per condividere e costruire insieme sapere e conoscenza. Il museo contemporaneo per me è la casa che può accogliere la molteplicità dei linguaggi artistici: dall’architettura alla musica, dalla poesia alle arti performative. Sono convinto che i musei possano assumere il ruolo di agenzie educative straordinarie, perché offrono un contesto ottimale per sperimentare nuovi processi per costruire una cultura condivisa, per contribuire a formare una comunità curiosa e sensibile, dotata di senso critico, aperta alla complessità, alle differenze e ai cambiamenti. ‒ Annalisa Trasatti Marco Peri – Nuovi occhi. Reimmaginare l’educazione al museo StreetLib, Milano 2019 Pagg. 120, € 12,49 ISBN 9788835342595 http://www.marcoperi.it/ “L’arte è per tutti”: così esordiva Keith Haring, giovane artista tra i più talentuosi dell’arte di strada newyorkese degli anni ’80. Quando i linguaggi dell’arte invadono lo spazio urbano diventano lo specchio in cui si riflettono i bisogni, le inquietudini, le gioie e le paure del mondo. L’arte di Keith Haring nasce dall’esigenza primordiale di esprimersi e di essere parte del quotidiano: la stessa da cui hanno origine le pitture aborigene, africane e le incisioni rupestri di 40.000 anni fa… e forse anche la stessa che spinge i bambini a dipingere i muri di casa. Il workshop è organizzato come una drawing session, una sessione collettiva di disegno aperta a tutti, per esplorare le possibilità del disegno come stimolo per rafforzare le nostra capacità di osservare e potenziare le personali facoltà intuitive e creative. Attraverso diverse attività, esperienze e giochi, direttamente a confronto con i disegni originali di Keith Haring, i partecipanti saranno coinvolti nell’esplorazione delle molteplici possibilità espressive del “segno” in movimento. “I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato. I bambini subiscono una fascinazione per la loro esperienza quotidiana che è molto speciale e che sarebbe di grande aiuto agli adulti se potessero imparare a capirla e rispettarla” Keith Haring Con la stessa curiosità dei bambini e l’attitudine del disegno infantile abbiamo esplorato relazioni, percezioni e azioni. Imparare a disegnare è essenzialmente imparare a vedere. È qualcosa che va ben oltre il guardare con gli occhi, imparare a disegnare non è solo l’acquisizione di una tecnica, ma è l’abilità di elaborare le informazioni visive in modo diverso dagli stati ordinari di coscienza del pensiero lineare e razionale. Esercizi per rafforzare lo sguardo e ampliare le percezioni: "Disegnare: dal movimento del polso al gesto immersivo” Sull’esempio di Maria Lai, Jackson Pollock, Heather Hansen, segni mossi, ... abbiamo sperimentato che il disegno si può ‘sentire ‘ e coinvolgere il movimento, la danza e le emozioni. Una modalità per superare i blocchi percettivi e riconoscere il di-segno come strumento per vedere e pensare. Le forme dell’arte ci offrono uno specchio in cui ognuno può essere riflesso come desidera.
Tra le forme del mondo, le immagini dell’arte esposte nei musei ci offrono la possibilità di un’esperienza percettiva sensibile e emancipata. Se ci impegnamo ad “intensificare la vita”, anziché semplicemente viverla, possiamo sviluppare un comportamento estetico, sensoriale e affettivo capace di aprirsi ad un'altra percezione. In che modo l’esperienza di osservazione di un’opera d’arte può diventare più intensa? I bambini e le bambine hanno bisogno di vivere esperienze coinvolgenti, capaci di stimolare tutta la loro energia e di sollecitare il corpo e la mente allo stesso modo. Come questa piccola visitatrice che sta osservando il dipinto “ice skating in central park” di Agnes Tait. Il corpo come spazio di apprendimento e di esperienza
La modalità più efficace per creare un incontro intenso tra le persone e le opere del museo, è coinvolgere le persone a partire dal loro corpo. Le neuroscienze affermano che ogni persona costruisce il proprio senso del mondo attraverso sensazioni fisiche ed emozioni, tanto quanto per mezzo di processi razionali. Bisogna perciò superare il pregiudizio che distingue facoltà intellettuali e capacità sensoriali, e riconoscere che la razionalità e le sensazioni sono entrambe radicate nel nostro corpo e hanno pari valore nella costruzione della conoscenza. Ogni persona, piccola o grande, che arriva al museo porta con sé la propria cultura, così come le personali capacità percettive, immaginative ed emozionali. Mettere in pratica questa convinzione nell’azione educativa significa poter coinvolgere ogni persona completamente e nella dimensione più profonda. #didatticamuseale, #educazionemuseale
Dopo anni di ricerca nella Didattica Museale ho sentito forte il bisogno di condividere ciò che per me è importante.
In questo libro propongo idee e punti di vista per arricchire gli scambi tra museo e persone. I contenuti di questo libro sono un progetto aperto, da esplorare, da sperimentare, da estendere liberamente e soprattutto da innestare secondo la propria sensibilità nel personale approccio comunicativo per dar vita a progetti didattici innovativi per il museo contemporaneo. Dall'introduzione: Il libro è dedicato a chi è impegnato attivamente nella didattica museale, nei musei d’arte così come in quelli archeologici, storici, naturalistici e scientifici. Sono convinto infatti che oltre i progetti specifici che possono distinguere le diverse realtà, esistano importanti obiettivi comuni. Credo fermamente nel ruolo sociale del museo contemporaneo e ritengo che le attività didattico-educative svolgano una funzione indispensabile per la società, per la capacità d’incidere concretamente sulla crescita culturale degli individui e di tutta la comunità. Le idee, gli spunti e le prospettive di lavoro che ho raccolto in questo testo rappresentano una cornice concettuale per supportare chi si occupa di didattica nel museo a comprendere e interpretare meglio il senso del proprio ruolo. L'intenzione è far nascere pensieri e suggerire nuove idee da sperimentare quotidianamente con tutti i visitatori. Sinossi: Il museo contemporaneo è uno dei contesti educativi più ricchi che esistano. Spingendosi avanti e indietro lungo la linea del tempo, i luoghi espositivi sono un ipertesto di oggetti materiali, ma soprattutto un infinito archivio di collegamenti tra idee, storie e temi che scaturiscono dalle collezioni esposte, un patrimonio ricchissimo per stabilire uno scambio significativo con molte questioni del nostro presente. Reimmaginare l’educazione al museo significa elaborare strumenti e azioni per coinvolgere un pubblico sempre più ampio, significa considerare i musei i luoghi ideali per favorire il dialogo e gli scambi, per costruire e formare una comunità sensibile che si prenda cura dell’ambiente, delle persone e delle memorie. Il libro *nuovi occhi* di Marco Peri, si concentra sulle opportunità educative del museo contemporaneo, offre un approccio innovativo per aggiornare la didattica museale, supportando chi opera in questo settore con riflessioni metodologiche e attività pratiche da sperimentare con il pubblico. Il libro *nuovi occhi* è disponibile in tutte le LIBRERIE del territorio nazionale tramite il distributore Fastbook,
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«D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, |
Un progetto ambizioso che sostiene i musei nel progettare spazi e contenuti tenendo conto delle esigenze del pubblico più giovane.
Ci siamo incontrati a Genova, nel bellissimo contesto del Museo Diocesano per sperimentare gli Esercizi di Meraviglia, un workshop teorico/pratico per progettare esperienze di visita più coinvolgenti e inclusive.
Ogni museo offre opportunità straordinarie per stimolare la conoscenza nel pubblico più giovane e di favorire processi emotivi ed esperienziali in un clima piacevole e ludico.
Per fare ciò è necessario considerare le sale espositive uno spazio di libertà in cui le famiglie con bambini si sentano accolte e nelle quali compiere esperienze positive di crescita.
Gli Esercizi di Meraviglia che ho proposto alle partecipanti del workshop sono attività e giochi per trasformare l'esperienza di visita al museo in un'esplorazione coinvolgente.
I protagonisti del museo non sono gli oggetti o le opere esposte ma il pubblico. E' dunque necessario rendere i più piccoli e le loro famiglie al centro di ogni azione per renderli protagonisti di un'esperienza arricchente e trasformativa.
Progettare spazi e azioni all'altezza dei bambini è uno sforzo che richiede l'energia e la creatività di professionalità diverse, richiede competenze e sensibilità che sappiano trasformare la percezione del museo, da luogo aulico della conoscenza a spazio di libertà in cui ciascun visitatore, piccolo o grande, ciascuno con le proprie capacità possa compiere un'autentica esperienza di crescita.
Marco Peri
storico dell'arte || arte, musei, educazione
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